Ci stanno scavando un fossato attorno. Non solo attorno ai neri, ma attorno anche a tutti coloro che difendono i diritti umani. Scommetto che anche voi, ciascuno di voi, ha avuto un attimo di ripensamento, prima di postare su Facebook qualche parola in difesa della vita dei migranti. Intendiamoci, non una frase esplicitamente a favore dell’accoglienza e dell’apertura dei confini di fronte ai rifugiati, ma semplicemente una frase che dicesse «forse nel Mediterraneo muoiono troppi africani, forse troppi africani sono torturati in Libia, forse dovremmo impegnarci di più». O a dirla al bar, quella frase, bevendo una birra con gli amici. Siamo sempre sulla difensiva perché c’è chi è passato violentemente all’offensiva e c’è chi ha permesso che ciò accadesse: i commenti violenti sui social, i fotomontaggi, la gioeubia raffigurante Laura Boldrini (col suo carico di sessismo), la teoria del complotto (Kalergi!) e la teoria del gender (col suo carico di omofobia).
C’è un vero e proprio vocabolario, una serie di parole d’ordine attorno alle quali si è costruito un racconto sessista, omofobo e razzista. Una retorica fascista, che domina i discorsi e che quindi domina i pensieri. Si sono imposte nel dibattito parole neutre, ma che neutre non lo sono: la razza, le quote, il decoro, l’invasione. Mentre altre parole sono state risemantizzate: ong, buonista, Africa.
E c’è l’uomo forte, volitivo, risolutivo. Che sia Putin o che sia Minniti. O che sia LVI, perché quando c’era LVI le cose sì che funzionavano.
Ci stanno scavando un fossato attorno, per isolarci culturalmente prima che politicamente. La nostra risposta deve essere quindi politica, ma anche culturale. Nei prossimi giorni arriveranno in libreria due testi che ho scritto e curato.
Il primo è dedicato al quel vocabolario fascista. Ventisette voci ed espressioni, scritte da più persone (grazie!), che restituiscono peso e significato a quelle parole di cui sopra, più la generosa prefazione di Ilaria Bonaccorsi. Edito da Fandango, il titolo è un programma: «#Antifa – Dizionario per fare a pezzi, parola per parola, la narrazione fascista».
Il secondo è dedicato all’uomo nero, il mimo della peggior destra, che si ripropone oggi sulla scena, con questa farsa che confonde fascisti e antifascisti, che per fermare i fascisti ferma i migranti e non i fascisti. «L’uomo nero», appunto, edito da Manifesto Libri, scritto insieme ad Andrea Maestri e con prefazione di Giuseppe Civati, ispiratore di entrambi i lavori (grazie infinite!).
Un lavoro cominciato mesi fa, per tempo, quando ci siamo accorti che l’aria stava cambiando, che i buoni diventavano cattivi e che i cattivi, quelli veri, non c’erano più perché conquistavano piena agibilità politica e culturale. In questo senso il dibattito sulle ong dell’estate scorsa (risoltosi in nulla) è stato estremamente indicativo: attorno alle ong e a coloro che compiono “reati di solidarietà” è stato senza dubbio scavato quel fossato che dicevamo, con l’unico risultato dell’aver sgomberato il Mediterraneo da occhi indiscreti e indipendenti, dell’aver fomentato una cultura del sospetto e del complotto. Non si può essere buoni a prescindere, ci deve essere qualcosa sotto.
Quel fossato lo riempiamo coi libri e con la nostra presenza a tutte le manifestazioni antifasciste, dichiarandoci antifascisti prima di qualsiasi manifestazione pubblica. Rifiutiamo invece qualsiasi tipo di violenza: l’unico manganello che useremo sarà quello della Costituzione repubblicana e antifascista.