Ieri ho letto delle belle pagine, scritte da Frank Westerman ne «I soldati delle parole» (Iperborea). In quelle pagine, Westerman si definisce «infuriato»: aveva dovuto abbandonare il campo per i rischi che stava correndo nello svolgere il suo lavoro. «Non mi illudevo – aggiunge – sulla capacità dei reportage di migliorare il mondo, ma di una cosa ero certo: smettendo di raccontare lo si peggiora». Il compito di un inviato, continua, «è portare a galla fatti preziosi, imprescindibili per il dialogo e per il dibattito, per l’empatia e la comprensione».
Westerman si interroga sulla possibilità di «disporre di una difesa verbale contro il terrore». «La forza gentile – dice -: c’è ancora qualcuno che ci crede? Parlare e scrivere non serve a niente, la bandiera nera e il Kalashnikov avanzano. Tra non molto la penna sembrerà uno strumento antiquato, un pezzo da museo».
E invece dobbiamo crederci. Dobbiamo credere con eguale fiducia nella forza del racconto e nell’importanza delle sfumature: le due cose, spesso, stanno assieme.
Questa estate userò la penna per raccontare la sfumatura per eccellenza: il confine, la frontiera. Nel suo ultimo libro («Le parole sono importanti», Einaudi), Marco Balzano definisce il confine come «il luogo in cui si finisce assieme»: un luogo dell’incontro, un luogo del passaggio. Un luogo in cui gli elementi identitari sfumano e si sovrappongono, diventando qualcosa di nuovo e diverso rispetto a quel che erano. Un luogo che, molto più spesso di quanto possiamo immaginare, coincide con un cippo, con una cresta rocciosa, con un ghiacciaio, con un prato, col canto degli uccelli.
Chi ci ha raccontato che i confini sono linee di trincea e muri da difendere con le armi, probabilmente, sui confini non ci è mai stato. E allora vorrei che fosse un viaggio: che ci conduca a trovare le parole giuste.
Ho scritto già diverse pagine di appunti. Vorrei arricchirle – e perciò aggiornerò con maggiore frequenza questo blog – e vorrei arricchirle insieme a chi mi ha letto in questi anni. Quindi scrivetemi. E mettiamoci in cammino.
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(Nella foto in alto, scattata da Giorgio Smaltini, il passo di Suretta, in alta valle Spluga, al confine con la Svizzera).