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Il fantoccio di Laura Boldrini – A filo d'erba

A filo d'erba

di Stefano Catone

Il fantoccio di Laura Boldrini

Sono cresciuto e vivo tuttora a Solbiate Olona, in Valle Olona, provincia di Varese. Non c’è bisogno che mi spieghiate che cosa è la Gioeubia, dato che ogni anno mangio il risotto e le frittelle guardandola bruciare. Si tratta del fantoccio di una strega che viene dato alle fiamme per simboleggiare la conclusione definitiva dell’anno, la fine dell’inverno, per scacciare le cose brutte e attendere la primavera.

Non può quindi stupire che la Gioeubia abbia preso – in maniera condivisibile o meno, secondo me: meno – le sembianze dei potenti di turno, che diventavano il fantoccio, persone da scacciare e allontanare. Non ci si può stupire che quindi abbia preso le sembianze di Laura Boldrini a bordo di una nave di una Ong (capitanata da Schettino). E invece sì: ci si può stupire e ci si deve indignare, perché la satira non c’entra nulla in questo caso, perché Laura Boldrini non è il potente di turno. Non è Trump, non è il presidente del Consiglio, non è nemmeno il sindaco di Busto Arsizio. E’ una donna che è costantemente, da anni, oggetto di attacchi violenti e infondati dovuti a due ragioni fondamentali, anzi, tre: difende i diritti dei migranti, difende i diritti delle donne, è una donna.

Chi difende i diritti di una minoranza (le donne non lo sono e in nessun senso, ma in questo paese in cui tutto va al contrario lo sono diventate) non può essere per definizione un potente. Il non detto di un fantoccio da bruciare raffigurante Laura Boldrini è che molti vorrebbero che davvero ci fosse lei, al posto del fantoccio. «Vedete odio dove non ce n’è», ci dicono. E invece no: vediamo odio dove di odio ce n’è tantissimo. Domenica pomeriggio, in piazza a Busto Arsizio, mentre applaudivo, un signore dietro di me ha cominciato a urlare: «puttanaaaaa, devi morireeeee, puttanaaaaa». Eccetera. D’altra parte basta googlare “meme Boldrini” per trovarne di tutti i colori.

Sarà un caso o meno, ma pochi giorni fa il candidato governatore della Lombardia (una regione grande come alcuni paesi europei) ha parlato di difesa della razza bianca, e in queste ore una sindaca leghista manda «a pijarlo n’culo» chi celebra il giorno della Memoria. Il clima è esattamente lo stesso anche in provincia di Como: incursione di naziskin; ordinanza del Sindaco leghista contro i poveri; signora che rifiuta di farsi visitare da medico di colore.

Il fascismo assume forme cangianti, ma che hanno un unico tratto distintivo: la sopraffazione delle (vere o presunte) minoranze. Gli africani, le donne, gli omosessuali. E quindi razzismo, sessismo, omofobia. Laura Boldrini rappresenta tutto ciò: bruciare il suo fantoccio non è satira perché la satira (ammesso che sia satira bruciare il fantoccio di un politico) sbugiarda i potenti e non si scaglia contro chi difende africani, donne, omosessuali, persone da sempre e tuttora vittime di persecuzioni. Bruciare il suo fantoccio non fa ridere, perché è un atto di intimidazione verso di lei, verso chi rappresenta, verso le minoranze che difende e verso le persone che si schierano al suo fianco.

Personalmente non brucerei mai fantocci raffiguranti persone chiaramente identificabili perché lo ritengo un atto violento a prescindere, ancor di più se commesso da un partito politico ai danni di un avversario politico. In questo senso, bruciare il fantoccio di una persona che difende i diritti delle minoranze (e sulla sua scrivania non ha il pulsante rosso per sganciare l’atomica…) non può che essere doppiamente sbagliato.

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